“Le persone vengono scartate, come se
fossero rifiuti” Ha detto il Papa Francesco il 5 maggio a
Roma. “Questa "cultura dello scarto" tende a diventare
mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più
sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o
disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come
l’anziano”. Queste parole che ci portano con forza nel mistero della difesa
della vita: il bravo medico è colui che non interviene limitandosi
a far sparire i sintomi, ma chi attacca il male alla radice: dareste ad un
malato di tubercolosi uno sciroppo per la tosse o l’antibiotico che distrugge
la malattia? Papa Francesco sta facendo proprio questo: ci mostra il reale
nemico che prima ancora di essere questo o quel comportamento è la cultura che
respiriamo, appestata da decenni e decenni di quello che Benedetto chiamava con
riferimento filosofico “relativismo etico”, e lui, sottolineando l‘aspetto
sociologico, “cultura dello scarto”.
Cultura del rifiuto
Non possiamo non notare che questa è la prima
generazione che crea rifiuti; finora l’idea stessa di “rifiuto” non esisteva
perché tutto veniva riciclato riusato, regalato, trasformato. Cinquant’anni fa
non esisteva che si uscisse di casa carichi di sacchi di spazzatura; oggi è la
norma, in una società che crea per distruggere, che non è affezionata a quello
che produce, ma solo al rendimento, in barba al consumo e allo spreco.
Così è nata l’idea di rifiuto che ben presto è diventata un problema
sociale sia per l’inquinamento che provoca sia per la perdita di materiale che
viene buttato via spesso ancora efficiente. Ma la “società del rifiuto” che
consuma e scarta, finisce per farlo con le stesse persone. E qualcuno, anzi
molti, finiscono per essere esclusi, anzi per essere non-persone. Ma
ridurre gli individui ad una visione utilitaristica e considerarli solo come
consumatori non è solo un problema morale, ma è un problema anche per la
medicina, come spiega il «Journal of Intellectual Disabilities» (2012) parlando
di un’illusoria utilità del mondo consumista per chi non è “normodotato” e
dunque non “consuma” quello che la pubblicità indica e quello che la “crescita
del PIL” richiede.
Un terreno fertile?
La cultura dello scarto (o del rifiuto) rende il mondo
invivibile e di questo si rendono conto anche personaggi di estrazione
culturale laica. Vediamo qualche esempio. Zygmunt Bauman, sociologo polacco,
spiega che accanto a quelli urbani, la società consumistica produce “rifiuti
umani”, entrambi assimilati da una presunta inutilità e alla fine anche l’uomo
diventa un rifiuto, uno scarto così come disabili, bambini non voluti, poveri…
l’uomo non perfetto diventa scarto della società. Ma guardiamo il mondo della
cultura: viene da ricordare il film «Asini» (1999)
in cui Italo (Claudio Bisio) è un quarantenne milanese che vive alla
giornata, e verrà chiamato quasi per caso a fare da insegnante di ginnastica in
un convento francescano che raccoglie asini (animali da lavoro sempre più
indesiderati e inutilizzati) e che dà rifugio a ragazzi orfani e
problematici («asini» anche loro, ma in un altro senso). A contatto con questa
realtà insolita, Italo dovrà cercare di dare ai ragazzi un ruolo nella vita
(insegnando loro a giocare a rugby), dando un senso anche alla propria: tre
“periferie” dell’esistenza che diventano scarti: quella del protagonista,
quella degli animali e quella dei bambini, ma che uno sguardo buono sa
redimere. Un altro film si basa sull’avversione alla cultura del rifiuto: è «Si
può fare» (2008). Ancora Bisio nei panni di Nello, un sindacalista che viene
trasferito alla Cooperativa 180, una delle tante sorte per accogliere i
pazienti dimessi dai manicomi. Dopo alcuni attriti iniziali con i pazienti,
Nello decide di far capire loro il vero spirito di una cooperativa
coinvolgendoli maggiormente e viene presa la decisione di abbandonare il lavoro
assistenziale e di entrare nel mercato diventando posatori di parquet. Dopo il
primo lavoro, fallito per inesperienza, riescono ad ottenere un appalto in un
atelier d’alta moda, ma il giorno della scadenza della consegna finisce il
legno, e Luca e Gigio (Giovanni Calcagno e Andrea Bosca) decidono così, vista
anche la loro abilità artistica, di usare gli scarti per realizzare un pannello
raffigurante una stella e coprire così l’intero pavimento. L’idea, oltre a
venire molto apprezzata, si fa strada e la cooperativa ottiene sempre più
appalti. In entrambi i film, si afferma il principio che nulla e nessuno è «un
rifiuto»: né i bambini con disagio sociale o i quadrupedi del film «Asini», né
i disabili mentali o i pezzi di legno scartati per il parquet di «Si può
fare».
Infine, come non citare un libro che
compie oggi proprio 50 anni e merita di essere riletto’? E’ “La giornata di uno scrutatore” di Italo Calvino. La storia narrata è
semplice: è quella di un militante politico mandato a fare lo scrutatore
elettorale in un seggio presso l’istituto del Cottolengo di Torino in cui si
raccolgono casi di estrema gravità clinica, spesso inguaribili, rifiutati dalla
società, seguiti solo dall’istituzione religiosa. “Nel crudele gergo
popolare, quel nome era divenuto per traslato epiteto derisorio per dire
deficiente, idiota, anche abbreviato secondo l’uso torinese, alle sue due prime
sillabe: cutu.”. E lo scrutatore impatta nella realtà della malattia curata
con dedizione e grazia tra le mura dell’antica istituzione, e quasi
profeticamente lo scrutatore comincia a guardare i malati gravi che lo
circondano in quell’improbabile situazione con occhi nuovi: “L’idiota e il
cittadino cosciente erano uguali in faccia all’onniscienza e all’eterno, la
storia era restituita nelle mani di Dio (…); porre la bellezza troppo in alto
nella scala dei valori, non è già il primo passo verso una civiltà disumana che
condanna i deformi ad essere gettati da una rupe?” I suoi pensieri si
interrompono con una brusca telefonata della fidanzata Lia: è incinta. E da
questo momento le domande su cosa è umano passano sulla creatura appena
concepita, domande che abbracciano il concepito e il disabile fino a capire che
nell’analisi fatta dalla sua ideologia mancava qualcosa: “E pensò: ecco,
questo modo di essere è l’amore (…) gli sembrò di aver capito come nello stesso
significato della parola amore potessero stare insieme una cosa del genere di quella
sua con Lia e la muta visita domenicale al Cottolengo del contadino al figlio”.
E in questa riflessione inizia a ribellarsi alla possibilità che Lia vada a
Liverpool ad abortire. Anche qui le periferie esistenziali del feto appena
concepito e dei disabili si intrecciano e il protagonista si ribella alla
società dello scarto che vorrebbe occultare entrambe le situazioni.
Incontrare senza cedere
Sono esempi di chi sente che i limiti dell’ideologia liberista sono
angusti, ma spesso non sa trovare un’uscita. Papa Francesco parlando di cultura
dello scarto, tende una mano a chi soffre questa asfissia in un mondo che
divide le persone in “utili” ed “inutili”; e proprio perché addita la
cause, non cede sulla messa in guardia verso gli effetti infausti qualunque
essi siano. E aspetta con pazienza e passione che chi soffre per una società
che emargina, arrivi a lottare contro tutte le emarginazioni, dalla
soppressione del concepito allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Mettendo in
guardia anche noi dal non essere settoriali: la lotta per la vita deve essere
anche per noi la lotta contro ogni emarginazione, non solo contro alcune. Ma
individuato il nemico, la cultura dell’usa-e-getta, diventa più facile per
tutti indirizzare gli sforzi per un’umanità migliore, più accogliente e meno
egoista. Quanto distante è infatti la cultura dello scarto da quella che ha
creato l’Europa e favorito il progresso culturale del mondo, ben riassunta
nelle parole di San Paolo che compendiano lo stupore e l’amore verso il creato:
“Omnis creatura bona”: Ogni creatura è buona. Dio non sbaglia: per questo nulla
e nessuno è un rifiuto.
Carlo V Bellieni
Pontifical Academy for Life
Direttivo Associaz. Scienza e Vita
Segretario Comit Bioet. Società Italiana Pediatria
European Society for Pediatric
Research
http://carlobellieni.com/
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