"Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell'uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della terra, e del lavoro dell'uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza".
Queste parole generalmente recitate a voce sommessa dal sacerdote al momento della liturgia eucaristica, ossia durante l'offertorio, esprimono bene il senso della solennità del Corpus Domini che oggi celebriamo. È la festa della donazione. Il pane e il vino, elementi naturali, sono presentati come offerte a Dio. Quelle offerte che, santificate, esprimeranno il memoriale della presenza di Gesù.
I passi della prima lettura del primo libro della Scrittura ci parlano già del pane e del vino come elementi primari offerti a Dio. Il Vangelo di Luca ci parla di una offerta vivente che vede coinvolta tutta la propria persona. Come Gesù stesso offre la sua persona nel pane e nel vino, così il credente è chiamato a vivere questa realtà oblativa. L'uomo stesso è il pane e il vino che è chiamato a donare al Signore. Una donazione che passa attraverso il canale della prossimità. Il cristiano deve vivere una perenne liturgia eucaristica a partire da se stesso, dal suo pane e vino, ovvero dal suo corpo e sangue.
È il Signore che ci dona la vita e noi la offriamo a lui per mezzo del prossimo. Il nostro lavoro quotidiano, il nostro impegno comunitario, i nostri sacrifici in famiglia è la nostra vita da elevare e offrire a Dio, ripetendo ogni volta "dalla tua bontà abbiamo ricevuto tutto questo, frutto della terra, e del nostro lavoro; lo presentiamo a te, perché diventi cibo e bevanda di salvezza per noi e per il bene dei nostri fratelli e sorelle".
Tale liturgia non è una melodia gregoriana cantata sottovoce, senza che nessuno goda delle sue dolci note. È una liturgia che ha a che fare con il prossimo: "Voi stessi date loro da mangiare". L'Eucarestia è la massima espressione di donazione a Dio. Il credente in Cristo è chiamato ad essere una eucarestia vivente. In questo modo renderà continuamente presente la stessa persona di Gesù e renderà realmente culto gradito a Dio. Questo il senso del memoriale. Non si può continuare a relegare l'Eucarestia in una celebrazione della Messa, che per quanto solenne fosse, sarà pur sempre per il beneficio di chi vi ha preso parte, e quindi solo di pochi. Le nostre liturgie eucaristiche celebrate nelle chiese devono diventare per noi credenti il prototipo di una vita interamente eucaristica, costantemente donata al prossimo. Ogni volta che celebriamo in chiesa dobbiamo sentire riecheggiare nel nostro cuore l'eco di queste parole: "Voi stessi date loro da mangiare", mentre noi ripetiamo "lo presentiamo a te".
Durante la consacrazione il sacerdote ripete al momento dell'elevazione del pane e del vino: "fate questo in memoria di me". È come se il Signore Gesù ci dicesse: "fa' come faccio io, dona te stesso, dona la tua vita. Non temere di spargere il tuo sangue per amore del prossimo".
"Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue" sono come litanie che noi dobbiamo ripetere continuamente nella nostra vita di figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo, pervasi dallo Spirito Santo. Tanti, soprattutto poveri, anziani, tante famiglie, tanti orfani, i sofferenti nel corpo e nello spirito, bambini e giovani aspettano di vivere liturgie vere attraverso l'offerta, non solo della loro vita, ma anche del nostro tempo, del nostro impegno, della nostra condivisione, del nostro sorriso, della nostra presenza silenziosa, della nostra gioia, delle nostre lacrime condivise.
Solo quando avremo avuto la capacità di metterci accanto al prossimo, solo allora celebreremo liturgie vere dove con la nostra vita abbiamo cantato le parole di Gesù: "Questo è il mio corpo e il mio sangue, lo presentiamo a te perché diventi per tutti cibo di salvezza e fonte di gioia".
E saranno Messe solenni con tanto di intonazione del canto gregoriano. È il canto della vita.
Onofrio Antonio Farinola
Sacerdote Cappuccino.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della terra, e del lavoro dell'uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza".
Queste parole generalmente recitate a voce sommessa dal sacerdote al momento della liturgia eucaristica, ossia durante l'offertorio, esprimono bene il senso della solennità del Corpus Domini che oggi celebriamo. È la festa della donazione. Il pane e il vino, elementi naturali, sono presentati come offerte a Dio. Quelle offerte che, santificate, esprimeranno il memoriale della presenza di Gesù.
I passi della prima lettura del primo libro della Scrittura ci parlano già del pane e del vino come elementi primari offerti a Dio. Il Vangelo di Luca ci parla di una offerta vivente che vede coinvolta tutta la propria persona. Come Gesù stesso offre la sua persona nel pane e nel vino, così il credente è chiamato a vivere questa realtà oblativa. L'uomo stesso è il pane e il vino che è chiamato a donare al Signore. Una donazione che passa attraverso il canale della prossimità. Il cristiano deve vivere una perenne liturgia eucaristica a partire da se stesso, dal suo pane e vino, ovvero dal suo corpo e sangue.
È il Signore che ci dona la vita e noi la offriamo a lui per mezzo del prossimo. Il nostro lavoro quotidiano, il nostro impegno comunitario, i nostri sacrifici in famiglia è la nostra vita da elevare e offrire a Dio, ripetendo ogni volta "dalla tua bontà abbiamo ricevuto tutto questo, frutto della terra, e del nostro lavoro; lo presentiamo a te, perché diventi cibo e bevanda di salvezza per noi e per il bene dei nostri fratelli e sorelle".
Tale liturgia non è una melodia gregoriana cantata sottovoce, senza che nessuno goda delle sue dolci note. È una liturgia che ha a che fare con il prossimo: "Voi stessi date loro da mangiare". L'Eucarestia è la massima espressione di donazione a Dio. Il credente in Cristo è chiamato ad essere una eucarestia vivente. In questo modo renderà continuamente presente la stessa persona di Gesù e renderà realmente culto gradito a Dio. Questo il senso del memoriale. Non si può continuare a relegare l'Eucarestia in una celebrazione della Messa, che per quanto solenne fosse, sarà pur sempre per il beneficio di chi vi ha preso parte, e quindi solo di pochi. Le nostre liturgie eucaristiche celebrate nelle chiese devono diventare per noi credenti il prototipo di una vita interamente eucaristica, costantemente donata al prossimo. Ogni volta che celebriamo in chiesa dobbiamo sentire riecheggiare nel nostro cuore l'eco di queste parole: "Voi stessi date loro da mangiare", mentre noi ripetiamo "lo presentiamo a te".
Durante la consacrazione il sacerdote ripete al momento dell'elevazione del pane e del vino: "fate questo in memoria di me". È come se il Signore Gesù ci dicesse: "fa' come faccio io, dona te stesso, dona la tua vita. Non temere di spargere il tuo sangue per amore del prossimo".
"Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue" sono come litanie che noi dobbiamo ripetere continuamente nella nostra vita di figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo, pervasi dallo Spirito Santo. Tanti, soprattutto poveri, anziani, tante famiglie, tanti orfani, i sofferenti nel corpo e nello spirito, bambini e giovani aspettano di vivere liturgie vere attraverso l'offerta, non solo della loro vita, ma anche del nostro tempo, del nostro impegno, della nostra condivisione, del nostro sorriso, della nostra presenza silenziosa, della nostra gioia, delle nostre lacrime condivise.
Solo quando avremo avuto la capacità di metterci accanto al prossimo, solo allora celebreremo liturgie vere dove con la nostra vita abbiamo cantato le parole di Gesù: "Questo è il mio corpo e il mio sangue, lo presentiamo a te perché diventi per tutti cibo di salvezza e fonte di gioia".
E saranno Messe solenni con tanto di intonazione del canto gregoriano. È il canto della vita.
Onofrio Antonio Farinola
Sacerdote Cappuccino.
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