Generalmente la seconda lettura è un testo a parte rispetto alla prima e al Vangelo, che sono collegati nel tema proposto. Invece la lettera di Paolo ai Colossesi proposta come seconda epistola in questa domenica, sembra fare da cerniera tra gli altri due testi, quello del Qoèlet e il Vangelo di Luca. Così esorta l’Apostolo delle genti: Cercate le cose di lassù... rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Queste battute condensano bene il tema proposto dalla liturgia della Parola per questa domenica estiva. La questione è sempre quella: l’attaccamento ai beni della terra, tralasciando ciò che davvero conta nella vita, ossia Dio. Quando si dice Dio si vuol dire amore, gioia, felicità, serenità, pace, eternità, fraternità, condivisione, compassione, misericordia, vita. Eppure l’uomo, ogni uomo, lega tutte queste realtà a dèi minori, pensando di trovare tutto in un potere inesistente, in una economia ingiusta, in una vita tristemente isolata, in relazioni ghettizzate e possessive, in tempi persi a svaghi controproducenti, in oggetti finiti. Tutte queste cose il Qoèlet le chiama vanità che non danno profitto di nessun genere, che, anzi, appesantiscono la vita stessa, la rendono schiava di finitezze. Gesù dal canto suo invita: tenetevi lontani da ogni cupidigia perché la vita non dipende da ciò che si possiede. Siamo invitati a vivere una libertà di spirito che non ci fa prigionieri di ciò che è terreno. È questa libertà che rende bella la vita, che la rende leggera, che la colora di pace e di amore, che la dipinge di armonia e di quiete, che le dona una intonazione di compassione e di gioia. Per vivere questa libertà di spirito è necessario vivere una spoliazione spirituale. È quella spoliazione che visse san Francesco d’Assisi quando aveva compreso che non erano le cose di quaggiù a renderlo felice, ma soltanto Dio poteva riempire la sua esistenza.
Beati i poveri in spirito ha detto Gesù. Beati cioè, quelli che non si attaccano alle cose futili e passeggere di questo mondo; beati quelli che non legano il loro tempo alla vanagloria proposta da certe ideologie del momento; beati coloro che non perdono tempo ad accumulare ricchezze che non potranno certamente essere eterne; beati quelli che si servono di ciò che realmente serve per vivere una vita dignitosa senza incastrare la vita in quelle stesse cose.
Bellissima quella vela affrescata che si trova sulla volta della Basilica Inferiore di Assisi che raffigura lo sposalizio tra Francesco e Madonna Povertà. Giotto ha saputo esprimere col suo genio artistico la profondità spirituale dello spirito di san Francesco, il quale aveva adottato il criterio della povertà non fine a se stessa ma come stile di vita. Sposando quello stile, Francesco ha vissuto una vita spiritualmente libera, orientata, per dirla con Paolo, alle cose di lassù.
Ciascuno di noi è legato a certe cose nella vita, anche a certi affetti. Non si può non ammettere che anche gli affetti possono imprigionare una vita, impedendo un percorso che orienti alla piena realizzazione. Anche gli affetti verso una persona possono essere degli dèi. Divinizzando i legami, anche quelli affettivi, è come avere una palla al piede che impedisce il cammino verso Dio. Sempre san Francesco volle vivere il distacco anche dagli affetti familiari quando, rinunziando a tutti i beni della terra, proferì queste parole: Finora ho chiamato Pietro di Bernardone padre mio. D’ora in poi voglio dire: Padre nostro, che sei nei cieli. Non era certamente non riconoscere più suo padre, ma ribadire il suo attaccamento a Dio e non alla terra.
La Parola di questa domenica non ci invita a qualche privazione, ma a saper orientare il nostro sguardo al cielo, sciogliendo tutte quelle catene che ci legano e ci impediscono di spiccare nuovi voli. È un invito a saper guardare in alto senza tenere troppo china per terra la nostra testa. Non dobbiamo vedere la povertà in spirito come privazione imposta, ma come criterio di vita che alleggerisce il cuore e la mente per volare sempre più in alto. Ce lo suggerisce un giovane santo dei nostri tempi, il beato Pier Giorgio Frassati, quando ci dice Verso l’alto!
Beati i poveri in spirito ha detto Gesù. Beati cioè, quelli che non si attaccano alle cose futili e passeggere di questo mondo; beati quelli che non legano il loro tempo alla vanagloria proposta da certe ideologie del momento; beati coloro che non perdono tempo ad accumulare ricchezze che non potranno certamente essere eterne; beati quelli che si servono di ciò che realmente serve per vivere una vita dignitosa senza incastrare la vita in quelle stesse cose.
Bellissima quella vela affrescata che si trova sulla volta della Basilica Inferiore di Assisi che raffigura lo sposalizio tra Francesco e Madonna Povertà. Giotto ha saputo esprimere col suo genio artistico la profondità spirituale dello spirito di san Francesco, il quale aveva adottato il criterio della povertà non fine a se stessa ma come stile di vita. Sposando quello stile, Francesco ha vissuto una vita spiritualmente libera, orientata, per dirla con Paolo, alle cose di lassù.
Ciascuno di noi è legato a certe cose nella vita, anche a certi affetti. Non si può non ammettere che anche gli affetti possono imprigionare una vita, impedendo un percorso che orienti alla piena realizzazione. Anche gli affetti verso una persona possono essere degli dèi. Divinizzando i legami, anche quelli affettivi, è come avere una palla al piede che impedisce il cammino verso Dio. Sempre san Francesco volle vivere il distacco anche dagli affetti familiari quando, rinunziando a tutti i beni della terra, proferì queste parole: Finora ho chiamato Pietro di Bernardone padre mio. D’ora in poi voglio dire: Padre nostro, che sei nei cieli. Non era certamente non riconoscere più suo padre, ma ribadire il suo attaccamento a Dio e non alla terra.
La Parola di questa domenica non ci invita a qualche privazione, ma a saper orientare il nostro sguardo al cielo, sciogliendo tutte quelle catene che ci legano e ci impediscono di spiccare nuovi voli. È un invito a saper guardare in alto senza tenere troppo china per terra la nostra testa. Non dobbiamo vedere la povertà in spirito come privazione imposta, ma come criterio di vita che alleggerisce il cuore e la mente per volare sempre più in alto. Ce lo suggerisce un giovane santo dei nostri tempi, il beato Pier Giorgio Frassati, quando ci dice Verso l’alto!
Onofrio Antonio Farinola*
Sacerdote capuccino
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