"O Chiave di Davide,
scettro della casa d'Israele,
che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire:
vieni, libera l'uomo prigioniero
che giace nelle tenebre e nell'ombra di morte"
(Quarta Antifona maggiore)
L'immagine biblico-liturgico che l'Antifona ci presenta oggi è quella della "chiave". Dunque, Gesù è la Chiave. E' un'immagine suggestiva che, tratta sempre dalle pagine profondissime dell'Antico Testamento, ci presenta Gesù liberatore. Egli è colui che viene a liberare gli schiavi del peccato, quelli che sono incatenati dai legacci della miseria umana, quelli che gridano a lui perché oppressi nelle buie stanze di un'anima immersa nelle tenebre della paura e dello sconforto, come della disperazione e della malinconia ("Libera l'uomo prigioniero che giace nelle tenebre del peccato e nell'ombra di morte").
La chiave nella Bibbia assume un significato del tutto particolare: esso è, infatti, segno di potere. Comprendiamo perché tra le pagine dei Vangeli, troviamo un'icona, una tra le più solenni della vita di Gesù e degli apostoli, quella cioè, della consegna delle chiedi da parte del Cristo a Pietro. L'apostolo viene investito di un'autorità divina. E' l'autorità dell'amore. Egli, e dopo di lui tutti i suoi successori, il Papa e i vescovi, ha il potere di liberare l'umanità dal peccato; di aprire le porte di quelle coscienze sigillate dal marchio tremendo della miseria umana; di aprire i lucchetti che chiudono i catenacci avvolti intorno ai cuori che son caduti nella trappola della disperazione; di schiudere quei portoni che oscurano la vita degli uomini imprigionati nelle anguste celle di un fatalismo impressionante.
Pietro ha avuto il potere di potare la Chiave, di donare cioè, Cristo, di annunciarlo, di testimoniarlo. E questo è il compito della Chiesa oggi. La Chiesa possiede la Chiave giusta per rendere la vita dell'uomo "diversa": è Cristo la Chiave.
"O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia:
vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte"
(Quinta Antifona maggiore)
Astro proviene dal latino "orior-oreris" e vuol dire "sorgere", "nascere", "venire fuori". Per cui, più che "Astro" è esattamente "Oriente", da dove nasce appunto, il sole. Gesù, che sta per venire, è l'Oriente dei credenti, è l'Astro che sorge, che viene fuori, che da vita, che illumina.
Il Bambino Gesù che nasce nella notte, viene a portare la luce, ad illuminare il buio, a rischiarare le tenebre. Per questo, l'evangelista Giovanni, nel suo straordinario Prologo, dirà di Gesù: "La luce splende nelle tenebre".
Gesù è l'Astro, il Sole, la Luce che illumina le tenebre del mondo, l'oscurità della nostra coscienza intaccata dal peccato.
Significativo risulta essere il fatto che oggi, giorno 21, segna il solstizio d'inverso, in cui la luce è di breve durata, risplende meno rispetto al resto dei giorni dell'anno. Ma a partire da questo giorno, la luce del sole comincia a splendere di più.
Questo evento astronomico si protrae generalmente per due-tre giorni, dunque fino al 25 dicembre, quando c'è praticamente una "rinascita" del sole, che raggiunge la sua "pienezza" con il solstizio d'estate a giugno.
Dal 25 dicembre un "nuovo" ciclo solare comincia a diramare più luce , e la luce sempre più prende forma, accorciando il tempo della notte. Per questo, il giorno 25 dicembre fu scelto dai cristiani per celebrare la festa del Natale di Gesù.
Gesù è il Sole che sorge dall'Oriente, colui che viene ad illuminare i giorni in cui la luce dentro di noi è più fioca ed è maggiormente adombrata dall'oscurità della notte.
Noi, dunque, oggi invochiamo questa Luce che accorci il tempo dell'oscurità in noi, rischiari le tenebre che spesso ci avvolgono e ci incupiscono, irradi nuovi raggi che riscaldano il gelido del peccato che molte volte ci avvolge.
don Onofrio Farinola
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