Ieri, 7 luglio, nella nostra Casa generalizia di Grottaferrata è stata celebrata una solenne santa Messa in ringraziamento per i 160 anni dalla nascita della beata (quasi santa) Giuseppina Vannini. Molte le persone convenute per condividere la nostra gioia! La celebrazione è stata presieduta da P. Donato Cauzzo assieme al confratello camilliano P. Angelo Brusco. Riportiamo di seguito il testo dell'omelia tenuta da P. Donato:
Le letture della Parola di Dio appena proclamate ci sono di ispirazione per parlare brevemente della Beata Giuseppina Vannini, di cui festeggiamo oggi il compleanno.
Il brano evangelico ci ha raccontato
l’invio in missione dei 72 discepoli da parte di Gesù. Venuto in terra per
portare all’umanità la bella notizia dell’amore di Dio per ogni uomo e donna,
suoi figli, Gesù si accorge ben presto che non ce la può fare da solo: tanti
ormai lo cercano per ascoltare da lui parole di consolazione e di speranza, e
per ricevere gesti di compassione, di guarigione e di perdono. Costituisce così
dapprima il gruppo dei più stretti collaboratori, i dodici, e più tardi quello
più numeroso dei 72, e li invia per essere moltiplicatori della sua opera. Il
programma che affida loro è identico a quello che riempiva ogni sua
giornata-tipo: annunciare il Regno di Dio e guarire i malati. E non solo affida
loro un compito, ma li abilita a compierlo trasmettendo loro il suo stesso
“potere” e la sua stessa “forza”, come Luca ricorda nel raccontare l’invio dei
dodici, al capitolo precedente.
La missione non è mai iniziativa propria,
un progetto autoreferenziale: si riceve da Gesù, insieme alla grazia necessaria
per compierla. Alla persona scelta e inviata tocca un doppio compito: ascoltare
Dio che chiama, spesso attraverso suoi mediatori; e poi aderire
progressivamente e sempre più compiutamente al piano di Dio, mediante la
preghiera e la conformazione di sé al modo di agire e di amare di Gesù.
Mi pare sia avvenuto così anche nella
giovane Giuditta. Vedendo naufragare i suoi progetti vocazionali, è rimasta
aperta ad accogliere la chiamata di Dio giuntale attraverso p. Tezza, per una
missione diversa da quanto lei prima immaginava. E per questa sua docilità Dio
ha potuto fare in lei cose grandi, rendendola testimone dell’amore
misericordioso di Cristo per i malati e iniziatrice, insieme a p. Tezza, di una
nuova famiglia religiosa nella Chiesa.
Anche le parole autobiografiche
dell’apostolo Paolo, nella lettera ai Galati, sono fonte di ispirazione:
“quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù
Cristo”. L’amore appassionato di Paolo per la croce, o meglio per il
Crocifisso, è una delle costanti che più spesso ritroviamo nei santi, in coloro
cioè che meglio hanno saputo conformare la propria vita a quella di Cristo,
specialmente nell’aspetto della sua massima espressione rappresentata appunto
dalla croce, e che per questo sono stati riconosciuti dalla Chiesa santi, cioè
cristiani realizzati, e additati come modelli a tutta la comunità dei credenti.
Lo sappiamo bene: vivere da cristiani richiede seguire Gesù portando come lui
la croce, la nostra e quella dei fratelli e sorelle crocifissi che incontriamo,
per partecipare con lui della risurrezione.
Ho trovato da qualche parte quella
preghiera attribuita a Madre Giuseppina, che voi ben conoscete: «Oh mio divino Gesù, datemi l’amore per eccellenza,
l'amore della croce, non delle Croci eroiche che ci portano, ma di quelle Croci
volgari che portiamo purtroppo con tanta ripugnanza; quelle Croci di ogni
giorno di cui una vita è seminata e che si incontrano ad ogni istante nel nostro
cammino. Allora solamente voi saprete che vi amo e ciò mi basta». Insieme a
questa preghiera, l’esortazione che spesso rivolgeva alle consorelle: «Vedete
sempre negli infermi l’immagine di Gesù sofferente» ci svela forse quale fosse il “motore” segreto ma potente di tutta la sua vita
dedicata a Dio e alla misericordia verso gli infermi: l’amore al suo Signore
Crocifisso scelto come unico sposo e riconosciuto e servito in chi più gli
assomiglia.
Avendo sperimentato lei stessa in vari modi
la sofferenza – per la perdita dei genitori da piccola, per la salute precaria
che l’accompagnerà tutta la vita, per il senso di fallimento che avrà provato
nel non poter realizzare il desiderio di diventare una Figlia della Carità – è
stata così preparata per essere strumento della tenerezza materna di Dio verso
i sofferenti. Non dunque “Figlia della Carità”, ma “Madre della Carità”, come
qualcuno ha scritto di lei, capace di esprimere in maniera esemplare quelle qualità
spiccatamente femminili di maternità e di amorevolezza che s. Camillo de
Lellis, suo ispiratore, richiedeva a quanti, come lui, volessero dedicarsi al
servizio dei malati per amore di Gesù Crocifisso.
Tra poco dunque la Chiesa proclamerà Madre
Giuseppina santa, cioè una cristiana pienamente realizzata, presentandola a
tutti come modello di vita evangelica, esemplare testimone di tutta la vita di
Cristo, in particolare del suo amore di predilezione verso i malati.
Per i membri di una famiglia religiosa il
riconoscimento della santità del fondatore, della fondatrice è decisivo, poiché
ricevono in tal modo la conferma autorevole che quanto essi hanno vissuto, la
via che per primi essi hanno percorso e poi additato ai loro figli e figlie, è
un modo autentico di mettere in pratica il Vangelo e un itinerario sicuro di
imitazione di Cristo e dunque di santità. Non seguiamo i nostri fondatori e
fondatrici per imitare loro, ripetendo magari forme e stili di vita propri
della loro epoca ma non più adatti al tempo presente. Ma per imparare da loro
come meglio conformarci al modo di vivere di Cristo, il nostro unico Maestro.
A voi ora raccogliere e dilatare l’eredità
che Madre Giuseppina ha lasciato, per essere degne figlie di così grande Madre.
Non per ripetere passivamente quanto lei ha fatto, ma per attualizzarlo oggi e
nel futuro in forme e contesti nuovi, aperte – come ci ha chiesto Papa
Francesco recentemente - «alle forme nuove di apostolato che lo Spirito vi
ispira e che i segni dei tempi e le necessità del mondo e della Chiesa richiedono.
Il grande dono che avete ricevuto è ancora attuale e necessario anche per
questa nostra epoca, perché è fondato sulla carità che non avrà mai fine
(cfr 1 Cor 13,8)». Appassionate, come lo
è stata Madre Giuseppina, di Dio e dei malati che servite in suo nome, saprete realizzare nella gioia la vostra vita di donne
consacrate e attirare tante giovani ad unirsi a voi.
Che Madre Giuseppina dal cielo continui ad
ispirarvi con il suo esempio e a proteggervi con la sua materna intercessione.
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