19 marzo 2025 Solennità di San Giuseppe
Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Vincenzo Peroni, durante la quale hanno rinnovato i voti religiosi sei delle nostre consorelle: Sr. Francoise, Sr. Germaine, Sr. Bernadete, Sr. Claudine, Sr. Salome e Sr. Nadege.
Giorno speciale nel quale abbiamo ricordato la vestizione della prima Figlia di San Camillo conferita il 19 marzo 1892, primo abito religioso dell’Istituto a Giuditta Vannini, chiamata anche a rappresentare da quel momento, in qualità di superiora, la prima comunità.
Al termine della liturgia Giuditta Vannini, indossa l’abito ricevuto e riceve anche il suo nome nuovo: d’ora in poi infatti si chiamerà Suor Maria Giuseppina.
Omelia di Mons. Vincenzo Peroni
Il Vangelo dice, Giuseppe, poiché era un uomo giusto, essendo un uomo giusto, letteralmente, anche se suona male in italiano, essente un uomo giusto. Che cosa vuol dire essere giusto secondo la scrittura? Vuol dire essere secondo il pensiero e il cuore di Dio. Ciò che costituiva l'identità profonda di Giuseppe era la sua relazione con Dio.
Era nel rapporto con il Signore che si è trasformata nella sua vita, essente giusto. C'è la sua identità più profonda, costitutiva. Se non fosse stato giusto, non sarebbe stato lui.
Era ciò che rimaneva stabile e ciò che motivava ogni scelta della sua vita, essere giusto, cioè essere secondo Dio. Capite che era giusto non a partire da se stesso, ma a partire da Dio, nella sua relazione con Dio. Questa dalla forma alla sua vita.
Ma non è esattamente quello che è avvenuto che dovrebbe essere per la nostra vita. Oggi abbiamo le nostre sorelle che rinnovano i voti, ma che cos'è che da forma alla nostra vita, se non la relazione con Dio? Giuseppe si è distinto perché è stato conforme a questa relazione, a questa forma. Poiché era un uomo giusto, andava considerando che cosa fare.
Cioè si è disposto ad una obbedienza sapiente e intelligente. Non si è accontentato semplicemente di fare qualcosa, ma ha voluto coglierne il gusto profondo, il significato autentico. E per fare questo ha dovuto vincere una schiavitù che spesso invece non ci raggiunge.
La schiavitù delle passioni, delle emozioni, delle soluzioni il più rapido possibile. Ha aspettato, ha riflettuto. C'erano delle vie che avrebbe potuto seguire conformi alla legge, o ripudiare Maria in segreto o addirittura denunciarla perché venisse lapidata.
Ma non ha voluto cedere a una via di fuga che difendesse la sua onorabilità o che rendesse giustizia secondo le logiche umane. È voluto andare in profondità e per poter andare in profondità a comprendere che cosa fosse, secondo Dio, ha atteso che fosse Dio a manifestarle.
Ha avuto pazienza, quella pazienza che l'ha liberato dalle sue passioni, dalle sue emozioni, dalla prigionia di se stesso.
Perché? Perché lui era giusto, era abituato ad essere in relazione con Dio, a far dipendere la sua identità da Dio, non da se stesso. C'è una cosa che colpisce della vita di San Giuseppe, che ha dovuto cambiare mille volte, si è dovuto reinventare in mille occasioni diverse. Era un giovane uomo, bravo, fidanzato, certamente nella sua mente c'erano già tutti i progetti per costituire la sua famiglia.
Intervieni Dio con qualche cosa di sorprendente e deve ripensare, reinventare il suo modo di essere sposo e padre. Poi termina in fatto male, un censimento, deve lasciare casa sua, deve andare in un'altra zona del suo territorio per fare il censimento e lì avviene qualche cosa che di nuovo lo sconvolge perché, nasce questo bambino che i pastori, gli angeli e i magi riconoscono in modo chiaro come il figlio di Dio, che li fa morire. E quindi deve ripensare anche il rapporto con quel bambino, a partire dal fatto che non è un bambino qualsiasi.
E poi interviene il Signore a dire, ascolta vai in Egitto perché Erode vuole uccidere il bambino. E prendere e andare in Egitto non è una cosa semplice. Voleva dire che ha preveduto provvedere alla sua sposa, al suo bambino un modo nuovo inventarsi lavoro, una casa, delle soluzioni.
Poi quando muore Erode di nuovo torna a casa, un continuo reinventarsi. Ma attenzione, questo continuo ripensare, riformulare la sua vita nella concretezza aveva un elemento di stabilità, la relazione continua. Potevano cambiare tutte le cose, potevano cambiare tutte le cose concrete della vita, il modo di costruire, di pensare, ma un elemento rimaneva stabile. La relazione con Dio, perché lui era giusto. La sua vita era costituita dalla relazione con Dio. Prendeva forma in ogni ambiente, in ogni luogo in ogni nuova situazione, alla luce di Dio.
Se vogliamo andare ancora più profondità potremmo cogliere anche questo aspetto, spesso noi pensiamo che dobbiamo cambiare quando c'è qualche cosa che non va nella nostra vita, quando c'è qualche cosa da sistemare, quando dobbiamo convertirci, quando ci sono ancora dei limiti e difetti noi diciamo che dobbiamo cambiare, la quaresima ci è offerta proprio per questo, no? Per cambiare, per trasformarci.
Ma Giuseppe era un uomo giusto, non c'era niente da cambiare, era già secondo Dio, eppure anche a lui è stato chiesto più volte di cambiare. E questo diventa una grande provocazione, per noi, perché tal volta noi abbiamo la presunzione di essere già pratichi così come siamo, già giusti così, ci può permettersi di dire che devo cambiare.
Quando intervengono delle cose nella vita, piacenti o addirittura drammatiche, che vi costringono a cambiare sorge una sorta di moto di ribellione, ma come? Perché devo cambiare se già andavo bene? Se non c'era nulla di sbagliato, perché devo cambiare?
San Giuseppe si è dovuto reinventare alla luce degli eventi nella vita, perché cambiava l'esecuzione, e si è dovuto ripensare, ma ogni volta che ha reinventato la sua vita e l'ha riplasmata e riformulata, una cosa che è rimasta risolta, il fatto che fosse giusto, cioè la sua realizzazione di Dio.
E allora questo che dovremmo chiedere come dono per intercessione a San Giuseppe, di rimanere giusti, di rimanere fedeli alla relazione con Dio, di rimanere profondamente ancorati alla verità e alla volontà di Dio, in ogni cambiamento che la vita ci chiede.
E non li possiamo decidere noi in anticipi i cambiamenti, qualche volta ci capita un tra capo e collo senza che ce lo aspettiamo. Arrivano imprevisti, ma ciò che deve rimanere saldo è la relazione con il Signore. Ecco, solo chi ha una fede salda può affrontare ogni forma di cambiamento.
Solo chi ha una speranza certa, accoglie ogni cambiamento, perché sa che la bellezza, la gioia e la salvezza della sua vita non dipendono da lui e dai suoi programmi, ma dipendono dalla relazione con Dio.
Commenti
Posta un commento